martedì 22 luglio 2014

Laurea

Alla fine sono riuscita a finire la tesi, e mi sono laureata, qualche giorno fa.
Non ho preso il massimo dei voti, ma ci sono andata estremamente vicina, l'ho praticamente sfiorato.
Soddisfatta? Delusa? Furibonda?
Nessuna delle tre. Parte della colpa è stata della segreteria e della scelta di partire dalla media ponderata e non aritmetica (fino a tre mesi fa, hanno usato quest'ultima), parte della conversione bizzarra dei miei esami Erasmus, parte mia, perché se mi fossi impegnata di più sarei partita da una media più alta e tutti questi "errori" non avrebbero influito.
A prescindere, è stato bello. Ho preso il massimo dei punti per la tesi e ho fatto, credo, una buona presentazione. È stato bello che praticamente tutte le persone importanti fossero lì, a festeggiare con me.
Insomma, ora ho questa laurea magistrale in tasca.
In questi giorni sono più che altro disorientata. A parte il fine settimana, in cui lavoro, il resto del tempo non ho niente di particolare da fare. Leggo i libri che ho comprato negli scorsi mesi e che non avevo neanche aperto, guardo qualche film, esco con gli amici. Però non ho un pensiero quotidiano fisso, che erano gli esami, la tesi, lo studio.
È strano perché non vedevo l'ora di finire, ma adesso già mi manca.

Mi sono pesata qualche giorno fa, prima della laurea: 49.0 kg.
Ebbene si, ho perso un solo misero chilo.
Maledette abbuffate.
Non mi capita più tanto frequentemente di abbuffarmi, perché da quando vivo da mia zia (fissa in casa), è più difficile. Ma una come me, il modo lo trova, sopratutto se è sotto stress. La maggior parte le ho fatte fuori casa, il solito acquisto random in un supermercato (sempre diverso) divorato in macchina,o in camera mia, se capitava che non ci fosse nessuno in casa (poche volte).
Dolce, salato, di tutto. Migliaia e migliaia di calorie sprecate, superflue, inutili.
Niente vomito.
Non so se digiunare il giorno dopo, o limitarsi a qualche frutto sia meglio, ma io non voglio più vomitare o, almeno, farlo il meno possibile. Qualche volta mi capita ancora, ma sempre più raramente.
È estenuante però.
Dopo un'abbuffata ne sento il bisogno, anche fisico. Sto male, mi sento in colpa, sragiono, lo stomaco tira e non riesco neanche a pensare. Però aspetto. Resto seduta, mi sdraio, attendo che passi.
Resisto, ma il senso di colpa m'impedisce di comportarmi come una persona normale, che dopo un pasto di Natale il giorno dopo magari mangia meno, ma non si limita a una mela, non gira per la stanza mentre ripete il discorso per consumare il più possibile.

Io non lo so come sono riuscita a laurearmi quasi in tempo.
Non lo so come sono riuscita a presentarmi agli esami gonfia dalle abbuffate, o dopo aver mangiato il minimo indispensabile i giorni prima. Non so come li ho passati, se mentre studiavo pensavo anche a come organizzare la giornata, a come riuscire a mangiare poco, a fare attività fisica china sui libri e ogni lettera mi ricordava un cibo diverso.
Non lo so come ho fatto a presentarmi il giorno della laurea digiuna da due giorni.
Io davvero non lo so come sto riuscendo ad avere una vita tutto sommato normale. Forse è il fatto che il mio ragazzo vive in un altro paese, che ho pochi amici, che non vedo quasi mai per i pasti e che ormai ho imparato come nascondere i miei problemi.
Non so, forse è che sto trovando un equilibrio tra le due cose, ma non so se sia un bene.
Mi chiedo se senza questo morboso legame col cibo mi sarei laureata col massimo, e in tempo, tre mesi fa.

Se sarei riuscita a fare più cose e meglio, se avrei tratto di più dal mio stage, dal mio Erasmus, dalla mia vita.

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